lunedì 4 gennaio 2010

Raistlin e gli amici perduti


Premesse al racconto
Quello che segue è un racconto liberamente ispirato alla Saga di Dragonlance, i personaggi, i loro caratteri e le situazioni sono state liberamente adattate dall’autore alle proprie necessità. Avviso quindi i puristi della saga in questione che il racconto non è da ritenersi in linea con i fatti e i personaggi descritti dagli autori Margaret Weis e Tracy Hickman. Tutti i diritti d'autore dei nomi, luoghi ed immagini inserite sono da ritenersi esclusiva proprietà degli autori e della casa editrice TSR.
Dopo tali premesse vi auguro una buona lettura.




Sulla città di Palanthas la pioggia cadeva constante da ore, lungo le strade non vi era nessuno, i tetti scaricavano acqua sulle strade e le piazze lastricate trasformandole in fiumi d’acqua. Nessuno usciva per strada se non ne fosse stato obbligato in quella notte invernale.
Alla periferia della città il rumore della pioggia era attutito dalle foglie degli alberi e dall’erba bagnata. La Grande Torre si stagliava nera nella notte, solo una finestra era ancora illuminata e dietro ad essa un uomo, avvolto nella propria veste nera, osservava quella città che considerava come una sua proprietà.
L’uomo, dalla pelle dorata osservava le strade deserte, fino al giorno prima piene di gente che festeggiava la fine dell’anno.
Il grande arcimago si ritrovò a pensare con un sorriso sarcastico a quelle persone che avevano festeggiato, avevano sogni e speranze nel nuovo anno mentre lui non poteva permettersi simili distrazioni. Si girò a guardare il caminetto alla parete che scoppiettante scaldava la stanza e si ritrovò a pensare a quello che era accaduto di recente.
I pensieri tornarono agli anni in cui vagava per il continente con i suoi amici durante il periodo della guerra. Poi rivide gli anni passati a studiare nella Torre di cui era entrato in possesso per poi muoversi da solo per il continente alla ricerca di alcuni segreti che doveva svelare.
Aveva perso molti amici negli anni, semplicemente divisi dalla vita, ognuno per la propria  strada, ognuno con i propri impegni e i lavori. Lui aveva i suoi studi, altri le loro guerre da combattere. Alcuni avevano la giustizia da difendere ed in alcune occasioni li aveva ritrovati come nemici. Nessuno avrebbe potuto dire cosa avrebbe riservato il futuro ad ognuno di loro, solo gli dei ma loro non parlavano con gli uomini, non direttamente almeno.
Da quando la compagnia si era divisa frequentava saltuariamente alcuni di loro e si ritrovavano solitamente alla Locanda dell'Ultima Casa. L’ultima volta, poco tempo prima si era ritrovato con Flint, il nano, Gilthanas, il principe elfo e la sua donna Silvara, l’elfa Kaganesti.
Un tuono lo destò dai propri pensieri e l’uomo si avvicinò lentamente alla finestra, nella stanza solo lo scoppiettare del fuoco produceva rumore, e il frusciare della veste nera ricoperta di simboli argentei era come una musica per le sue orecchie.
Un lampo squarciò la notte e fu allora che lo vide: un drago rosso si stava avvicinando alla torre, incurante della pioggia e dei lampi, anzi sembrava traesse piacere nel volteggiare con quel tempo.
“Solo lei può godere nel volare con un tempo simile” Disse ad alta voce rivolto al vuoto della stanza. Senza voltarsi spostò, con il semplice gesto di una mano, due pesanti poltrone avvicinandole al camino e coprì, allo stesso modo, una sfera verde poggiata sulla grande scrivania  posta dinanzi alla libreria dello studio.
Dopo poco sentì aprirsi la porta dello studio, dei passi leggiadri lo avvisarono che l’ospite era arrivato.
“Prenditi quel mantello appoggiato alla parete, è asciutto, almeno eviterai di prenderti un malanno.”
Non si era ancora voltato, e non aveva intenzione di farlo, non ancora almeno.
“Ti ringrazio mio caro amico, dalla terrazza alla porta delle scale mi sono bagnata fino alle ossa. Ti sembra il modo di accogliermi? Nemmeno ti volti per salutarmi?” La voce della giovane era scossa dai tremiti di freddo.
“Sicuramente indossi una delle tue solite vesti leggere, che con tutta quell’acqua sarà divenuta quasi del tutto trasparente, se non del tutto.” Ribatté il mago con sarcasmo feroce senza voltarsi.
“Oh, hai ragione.” La sentì prendere il mantello, coprirsi e poi sedersi dinanzi al fuoco. “Adesso sono coperta, puoi girarti.” Riprese lei ridacchiando felice.
Una debole risata fece eco a quell’affermazione, quindi l’arcimago si girò verso di lei esibendosi in un teatrale inchino, tra il frusciare della veste nera come la notte.
“Mia cara amica, sei la benvenuta nella mia torre, come sempre.”
Poi, lentamente andò verso l’altra poltrona, posta dinanzi a quella già occupata.
I due si fissarono negli occhi, la ragazza si alzò in piedi e guardandolo dal basso lo abbracciò, i due si scambiarono un caloroso abbraccio, era molto tempo che non si vedevano e si divisero mentre lei rideva fissando le macchie di acqua che i suoi capelli avevano lasciato sulla veste nera dell’amico.
Un sorriso spuntò quasi per caso su quel volto d’orato per poi aprirsi in una risata sincera, era raro veder ridere quell’uomo, da molti descritto come uno dei più malvagi arcimaghi esistiti su Ansalon. La giovane sapeva che non era poi così cattivo come lo descrivevano, con lei era sempre stato comprensivo e disponibile da quando si erano incontrati di nuovo, per caso avrebbero pensato altri, ma nessuno dei due credeva al caso.
Mentre bevevano un vino caldo e speziato lui la guardò ancora incredulo, quella giovane donna, che anni prima aveva amato era un drago rosso, ed ora erano seduti nel suo studio a bere come due buoni amici. Lei lo scoprì a sorridere sarcastico e, inarcando un sopracciglio, gli chiese:
“Di cosa stai ridendo Raist?”
“Del destino, adesso posso ben dire che sei la mia migliore amica. Non avrei mai pensato che avremmo potuto ritrovarci in questa situazione.”
“Hai ragione.” gli rispose pensierosa “A volte il destino è beffardo, ma quel che importa per me è che tu sei il mio migliore amico. Tra gli uomini sei l’unico con cui riesca a parlare di ogni cosa.”
Dopo aver bevuto nuovamente lei riprese sovrappensiero.
“Gli altri li hai più visti?”
“Si, certo, recentemente ho rincontrato Flint, Gilthanas e Silvara. Stanno bene e mi hanno detto di salutarti calorosamente se ti avessi visto.”
Lei rise di gusto a quell’affermazione
“Sarai un arcimago  dalle vesti nere, ma sei un pessimo bugiardo. Al massimo ti avranno detto di salutarmi.”
Lui annuì pensieroso. “Si, esattamente quello che intendevo.”

I due rimasero dell’altro tempo a parlare del passato, degli amici che avevano perso e di quelli che avevano visto separatamente. Poi si alzarono e lei, ormai asciutta, lo abbracciò nuovamente. Dopo essersi scambiati due baci sulle guance si salutarono e lei appese il mantello al chiodo vicino alla porta per poi salutarlo con un cenno della mano.
“A presto, spero.”
“A presto, ci teniamo in contatto con il solito metodo.”
“Si si certo. A proposito, potresti farti costruire una tettoia sulla terrazza, così la prossima volta che atterrerò non mi bagnerò come un cucciolo appena nato.”
Senza attendere risposta la donna si voltò e scomparve oltre la porta aperta in un vaporoso movimento della sua fluente chioma rosso fuoco.
Rimasto solo nella stanza Raistlin si voltò nuovamente verso la finestra a fissare il cielo fino a quando non vide la sagoma del drago rosso giocare nuovamente tra i lampi e la pioggia.
Se il suo infedele apprendista fosse stato presente si sarebbe stupito dal sentirlo ridere di gusto. Per poi parlare verso quell’imponente essere che non lo poteva sentire.
“Rimarrai sempre la bambina che ama danzare sotto la pioggia.”

Dragons Of Autumn TwilightImage by Cayusa via Flickr







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